Ludmila Shaposhnikova

  

L’ 80esimo anniversario della spedizione di Nikolaj Roerich in Asia Centrale

 

UN VIAGGIO ATTRAVERSO LO SPAZIO E IL TEMPO

 

A Darjeeling, nella città, in cui ebbe luogo l’incontro  con i Maestri, Roerich si preparò per la spedizione in Asia Centrale. I suoi obiettivi furono discussi con i Maestri in modo dettagliato.  Fu la più grandiosa spedizione del XX secolo, alla quale, oltre ai componenti della spedizione, partecipavano  Roerich stesso, sua moglie Elena e suo figlio Jurij, che era già orientalista e linguista di professione. La spedizione  in Asia Centrale  cominciò nel 1924 in Sikkim, un piccolo regno che si trovava vicino all’India Britannica, per poi trasferirsi nel principato indiano del  Kashmir. Dal Kashmir i Roerich si recarono in Ladak, dal Ladak, attraverso il Karakorum si misero in cammino verso il Sinzian cinese. Lì passarono il confine con l’Asia Orientale Sovietica e la spedizione giunse a Mosca. Da Mosca partirono per la Siberia, l’Altai e attraverso la Buriatia entrarono in Mongolia e poi in Tibet. Dal Tibet, attraverso l’inesplorato Himalaya raggiunsero nuovamente il Sikkim. Da lì arrivarono a Darjeeling. In quattro anni (1924-1928) la spedizione descrisse per così dire un cerchio grandioso. Nessun altra spedizione  del XX secolo fece una cosa simile. Perché fu scelto proprio quell’itinerario? La risposta viene  quando si studia non solo il percorso fatto dalla spedizione, ma anche le opinioni storiche di Roerich. La spedizione in Asia Centrale  fu un avvenimento di massima importanza, anzi, fu fondamentale nella vita di Roerich, il punto culminante, in cui si intersecarono molte circostanze che resero la sua vita così straordinaria.

Sul tratto del Sikkim vi erano conventi antichi: Pemaiandze, Tasciding, Sangaceling, Dubling. Nikolaj Roerich faceva lunghe conversazioni con i loro priori, incontrava lama, emeriti e saggi. I monasteri appartenevano alla setta dei copricapi rossi, i cui lama superiori erano reputati custodi di conoscenze antiche segrete. Le leggende nascevano dal sacro Kanchenjunga, detto la Montagna dei Cinque Tesori. Una realtà sconosciuta stava dietro queste leggende. Il pittore russo era in contatto  con questa realtà e la rispecchiò nelle tele dipinte in Sikkim. La realtà stessa assomigliava alla leggenda. L’itinerario definitivo della spedizione  in Asia Centrale fu elaborato lì, in Sikkim. Parlando ai saggi e custodi delle conoscenze segrete Nikolaj e Elena Roerich poterono delineare distintamente gli scopi della spedizione. “Oltre agli obiettivi artistici, - scriveva Roerich, - durante il nostro viaggio volevamo conoscere i monumenti dell’antichità dell’Asia Centrale, osservare l’attuale stato della religione, delle usanze e tradizioni, rivelare le tracce della grande migrazione dei popoli. Quest’ultimo problema mi preoccupava sempre”[i]1.

Nella  primavera del 1925 i Roerich giunsero in Kashmir. A Srinagar presero alloggio nel vecchio albergo inglese “Nedou”. In buona parte viaggiarono attraverso il principato. Il Kashmir li impressionò molto. I primi momenti furono indimenticabili. “Qui ci sono Martand e Avantipur legate alla fioritura dell’attività del re Avantisvamir. Qui ci sono molte rovine dei templi dei secoli VI, VII e VIII. Ciò che colpisce, è il fatto che i loro frammenti architettonici somigliano ai particolari romanici. Nessun monumento buddista è stato conservato nel Kashmir, benchè qui abbiano vissuto tali grandi uomini dell’antico buddismo come Nagargiuna, Asvagoscia, Rakhscita e molti altri <…> Qui c’è il trono di Salomone e sulla stessa cima c’è il tempio, le cui fondamenta sono state poste dal figlio del re Ashok”2. In Kashmir trovarono i primi ostacoli. La spedizione non poteva continuare, il suo avanzamento era impedito.

Roerich dovette faticare non poco per ricevere il permesso per recarsi in Ladak. La via carovaniera antica portava da Srinagar verso Le, la capitale di Ladak. Proprio per questa strada alla fine di agosto del 1925 la spedizione entrò in Ladak. “Dopo aver attraversato i ponti ghiacciati sopra il torrente siamo arrivati per così dire in un altro paese, in cui il popolo è più onesto, i ruscelli sono puliti, le piante sono medicinali, le pietre sono multicolori. L’aria è salubre. 

La mattina gela. A mezzogiorno fa molto caldo: il sole è splendente, l’aria è secca. Le roccie sono porporine e verdastre. Le erbe risplendono  d’oro come dei tappeti meravigliosi. Le viscere delle montagne, il muschio delle rive, le graminacee aromatiche curative – tutto è pronto a far doni. Le grandi soluzioni possono essere racchiuse qui”3. A differenza del Kashmir musulmano il Ladak era buddista e conservò le fondamenta della cultura antica tradizionale. Roerich dipingeva ed esplorava le antiche fortezze, i conventi e santuari, le pitture rupestri, le tombe ignote e gli abiti dei tempi remoti. La città di Le si trovava sul crocevia delle vie carovaniere antiche. Qui affluiva tutta l’Asia che andava in pellegrinaggio, che conduceva una vita nomade ed esercitava il commercio. Le carovane portavano le merci da India, Cina, Tibet, Afganistan. Arrivavano i lama in vestiti  rossi. Vendevano  reliquie e amuleti. Qua e là balenavano  i turbanti azzurri dei balti, gli aksakali di Sinzian dalle barbe lunghe camminavano solennemente per le strade strette della città. Ogni tanto apparivano i custodi delle conoscenze antiche vestiti in un modo bizzarro. Da qui le strade portavano alla sacra Lhassa e nel Turkestan cinese. Le nevi perpetue del Karakorum scintillavano  al sole. Nell’autunno dello stesso anno la carovana della spedizione lasciò Le e si avviò verso il crinale candido.

In dodici giorni la spedizione superò cinque varchi. Lungo il suo percorso c’era tutto: dirupi coperti di ghiaccio e  tempeste di neve, la malattia di montagna e il gelo pungente, quando gelavano le mani e non si poteva nè dipingere, nè scrivere, i sentieri costellati di ossa delle carovane perdute, le nevicate e i venti penetranti, l’insufficienza cardiaca ed i cavalli che cadevano nelle fessure di ghiaccio.

Dietro il Karakorum l’Himalaya finiva e iniziava una grandiosa pianura antica, circondata dai deserti dell’Asia, i cui venti la bruciavano e seccavano sull’estremità. Il grande deserto Takla-Makan apparve nella caligine rosa. Un posto di confine cinese controllò i passaporti dei viaggiatori. La strada coperta di sabbia portava al Khotan. La carovana della spedizione camminava sulla La Grande Via della Seta. Il deserto portava un caldo suffocante. Sul cammino si incontravano   le tende di feltro dei kirghisi, case di terra battuta,  masari4,  villaggi sporchi e polverosi. Roerich s’interessava delle città antiche, dei templi buddisti che esistevano in quei luoghi in tempi remoti. Ma nessuno sapeva niente. Gli aksakali dalle barbe bianche dondolavano le teste e sospiravano.

C’era agitazione a Sinzian, si stava spargendo la voce che l’ambagne, il dirigente di Khotan, stava commettendo delle illegalità. Alla metà di ottobre la spedizione si avvicinò al Khotan. La città impolverata e chiassosa fece un’impressione penosa. Non si riuscì a trovare nessun posto conveniente per l’accampamento. Si sistemarono  in un giardino nel centro stesso della città. I fannulloni curiosi vestiti di abiti stracciati e pittoreschi  facevano capanello per osservare la spedizione appena arrivata. Facevano rumore, impedivano di riposare e di lavorare. Nikolaj e Jurij Roerich fecero visita al daotai, governatore di Khotan. Durante tutta la visita dietro le loro spalle stava una guardia armata. Il governatore Ma si atteggiava a padrone ospitale, sorrideva gentilmente e socchiudeva gli occhi stretti. C’era qualcosa di ambivalente in  questa sua maniera  di guardare con occhi miopi. Qualche giorno dopo  le autorità cinesi non riconobbero il passaporto cinese  dei Roerich e richiesero il passaporto della Russia zarista. Confiscarono le armi, proibirono di eseguire il lavoro scientifico e di dipingere. I soldatini perquisirono e la spedizione fu arrestata. Trascorsero  giorni di attesa penosa e  di trattative inutili. I telegrammi sullo stato penoso della spedizione che mandava Roerich tornavano indietro.

Venne l’inverno. I dintorni tristi di Khotan furono ricoperti di neve. “Bisogna partire. Si deve andare malgrado il freddo”5,- scrisse Nikolaj Roerich nel suo diario. Presero a nolo dei cammelli, trovarono delle guide. Ma non riuscirono a liberarsi. I viaggiatori furono prigionieri del daotai ottuso e dell’ambagne ignorante e crudele. Finalmente il Roerich potè trovare una persona fidata  e trasmettere attraverso di lui una lettera al console sovietico a Kashgar.

“Egregio Signor console! – scrisse. – Dai telegrammi allegati Lei vedrà che la nostra spedizione, di cui può darsi che abbia sentito parlare, subisce oppressione da parte delle autorità cinesi di Khotan <…>. Siamo sicuri del Suo aiuto illuminato in nome dello scopo culturale  che ha la nostra spedizione. Abbia la cortesia di informare le autorità di Urumci ed anche di mandare i telegrammi allegati a Mosca...”6. Il console sovietico adottò subito dei provvedimenti. Il generale governatore di Sinzian emanò l’ordine di liberare la spedizione.  Alla fine di gennaio   del   1926 i viaggiatori abbandonarono il Khonan e  verso il mese di febbraio raggiunsero i confini del Kashgar. Passato il Kashgar, ricomincia il deserto. La carovana va con passo cadenzato, cullando e facendo venire  pensieri liberi e ampi. “Siamo di nuovo nel deserto. Dapertutto vi sono le sabbie, che di sera hanno color lilla. Ci sono anche falò <….>. Sulla sabbia ci sono molti giacigli multicolori di lana di pecora. Le allegre lingue rosse  del fuoco  volano coraggiosamente verso le nuvole del tramonto che non hanno  fine” 7. Ora la strada portava al Nord, là, dove attraverso i deserti e le montagne c’era la frontiera  nascosta. Roerich pensava molto all’incontro con la Patria. Non poteva immaginarsi  com’era divenuta. I pernottamenti erano tranquilli. Tutto come se fosse favorevole. E Nikolaj Roerich ritrovava le parole giuste e metaforiche per quello che aveva visto. “ Il sole d’oro, un po’ spento toccava per lungo i profili delle montagne lontane e finalmente tramontava, lasciando una scia di fuoco. Dietro queste montagne si trova la terra russa. Qggi non si cantano  canzoni. Il paese è silenzioso. Nei dintorni del villaggio in pianura sono piantate le nostre tende da campo. Dall’alto guarda in giù Orione “8.

A Urumci  Roerich si collegò con il console sovietico A.Bistrov. Poco dopo arrivò il permesso firmato da G.Cicerin, ministro degli esteri, per entrare nella Russia Sovietica.  Roerich lasciò il suo diario e il testamento al console in custodia. Non era sicuro che la spedizione giungesse alla frontiera sovietica. Nel caso della sua morte tutti i suoi averi ed i quadri  sarebbero passati al governo sovietico. Da Urumci furono accompagnati dal console sovietico e dai suoi dipendenti. Di nuovo c’era agitazione sulle strade. Di tanto in tanto sui crinali apparivano  uomini a cavallo.  Guardavano qualcosa, ma non si avvicinavano verso la carovana.  I viaggiatori avanzavano con circospezione, prima andavano gli esploratori. Tenevano d’occhio  i cavalieri sconosciuti. Dopo aver passato fortunatamente le montagne di Nefrite, videro il Tarbogatai. Sull’ultimo posto di confine cinese il controllo doganale era particolarmente lungo e cavilloso, perciò furono costretti a pernottare. La luna si levò e inondò le montagne vicine del suo chiarore celeste. Al di là, vicinissimo c’era la frontiera del paese natale.

Il giorno dopo: “Buongiorno terra russa, nel suo addobbo nuovo!”9. Un capo gentile e lindo del posto di confine venne incontro alla carovana  appena arrivata. Le stelle rosse brillavano sui berretti gallonati delle guardie di frontiera. Il 29 maggio del 1926 la Spedizione in Asia Centrale attraversò la frontiera sovietica nella regione del lago Saissan. Il primo incontro con le persone della nuova Russia  sbalordì e rallegrò. “ Arrivano da noi di sera, fino a tardi parliamo di problemi i più vasti e cosmici. Dove si trova ancora una postazione di comando in una zona di frontiera con i cui membri si può parlare di cosmo e dell’evoluzione mondiale?! È una vera gioia. Chiedono con insistenza di far loro vedere i quadri domani e di conversare ancora. È possibile trovare un altro posto di confine  su cui si parli e si pensi così?!”10

Il 13 giugno i Roerich arrivarono a Mosca. Due commissari del Popolo, G.Cicerin e A.Lunaciarsky, accolsero Nikolaj Roerich. Tutti e due mostrarono un grande interesse verso la spedizione, vollero sapere i dettagli del cammino fatto, promisero il loro aiuto. Da Mosca la spedizione si recò attraverso tutto il paese verso l’Altai. Ci arrivò nell’estate stessa del 1926.          Il villaggio dei seguaci di staroobriadcestvo11 Verkhnï Uimon divenne una specia di “quartiere generale” della spedizione. I Roerich si stabilirono nella casa di Vakhramei Atamanov, che diede il suo consenso per diventare la loro guida. Raccoglievano i minerali, s’interessavano delle piante medicinali, esaminavano i tumuli antichi, ammiravano le pitture rupestri.  L’attenzione del pittore fu attirata dalla Belukha, coperta di una neve bianca e dalle leggende legate a questa  montagna. Le leggende erano misteriose ed enigmatiche. Tradivano qualcosa di  non detto e proibito. Le ripercussioni degli avvenimenti insoliti, le allusioni ai grandi pellegrini, le voci sui luoghi segreti in montagna e finalmente i racconti di Belovodie12,   un paese meraviglioso, - tutto ciò si univa intrecciandosi, ne nascevano gli ornamenti bizzari della fantasia  popolare e una realtà quasi dimenticata.

Roerich cercava le tracce di questa realtà che si manifestavano  nel modo il più inatteso. “Nella stanza piena di luce sulla parete è stata dipinta una coppa rossa. Da dove viene? Un cane bianco sta vicino al portone. È venuto con noi. Da dove ? Il Burcano Bianco è Buddha o un altro simbolo? Nella regione dell’Ak-kem c’è una radiottività residua. L’Acqua nell’Ak-kem è di color latte. È un vero Belovodie. La cinquantesima latitudine attraversa l’Ak-kem”13. Sembra, che le informazioni comunicate da Nikolaj Roerich siano di  carattere frammentario. Ma le cognizioni acquisite da lui durante il lungo viaggio, gli permettono di unire  fatti separati. Il Belovodie di staroobriadcestvo russo e la Shamballa buddista hanno la stessa fonte. Il sogno eterno dell’uomo del paese della verità? Il Burcano Bianco altaico rassomiglia al Buddha indiano. Può darsi che un giorno passò per l’Altai? Ma l’Altai e l’Himalaya è un sistema unico di montagna. I cunicoli delle caverne inesplorate sono senza fine. “Dal Tibet attraverso il Kunlugne, attraverso l’Altin-Tag e il Turfan; “l’orecchio lungo” conosce i passaggi segreti. Quanta gente è stata in questi cunicoli e spelonche. Così la realtà è diventata una fiaba. Così come l’aconite nero dell’Himalaya si è trasformato nel colore del fuoco”. Poco dopo avrebbe scritto: “La neve dell’Himalaya  è testimone delle cime nevose di Belukha”14. Così  nasceva l’idea principale del libro dedicato alla spedizione in Asia Centrale “Altai –Himalaya”.

Il 19 agosto del 1926 la spedizione si mise in cammino via Biïsk verso Ulan-Ude e poi in Mongolia. Urga, la capitale della Mongolia, si trovava in una pianura circondata di montagne. I tetti dorati dei templi buddisti luccicarono al sole. Sulla piazza della città galoppavano i cavalieri dell’esercito rivoluzionario. I distaccamenti marciavano, passando per strade strette. A volte i soldati cantavano:

 

Ciang Sciamballing Daïn.

La guerra della Shamballa del Nord.

Moriremo in questa guerra

Per rinascere

Come i paladini del Dominatore della Shamballa.

 

Nikolaj Roerich seppe che la canzone era stata scritta dal capo della rivoluzione mongolica Sukhe-Bator. La leggenda antica è come se fosse unita in questa canzone al dinamismo rivoluzionario che regnava nella città. Un’altra parte della realtà si manifestò. L’artista regalò al governo della nuova Mongolia un suo quadro. La tela si chiamava “Il Grande Cavaliere” e ricordava la vita della Mongolia stessa. Il tradizionale e il nuovo si fusero.  

Tra le nuvole scarlatte il cavaliere corre a spron battuto su un cavallo rosso. Suona la conchiglia e la sua faccia  somiglia ad una maschera di tempio. Davanti a lui volano degli uccelli rossi, come gli annunciatori dell’Avvenire.

Qui, a Urga bisognava scegliere la via per il Tibet. Le strade della Mongolia erano pericolose. Nelle steppe e in montagna nelle zone di confine le tribù di guerra  tibetane e le bande girovaghe di briganti attaccavano le carovane. Prgevalskij e Koslov andavano da Urga al Tibet attraverso le montagne Gurbun, Saikhan, Alasciagne. Ma questo sentiero era chiuso. Non esisteva che la strada da carovana per l’Umbeise-Ansi. Informazioni quasi non ce n’erano. Non c’era altra scelta. Prima della partenza per il Tibet dovettero completare la formazione della spedizione, trovare  guide fidate. Una parte di materiale fu ricevuta da Roerich dalle riserve che aveva lasciate a Urga la spedizione di Koslov.

Mentre  si preparavano, Nikolaj Roerich cercava di stabilire  relazioni con Lhassa. La città lontana e enigmatica si trovava lì, al di là delle steppe mongole, del deserto Gobi e della catena di monti dell’Himalaya. Una carovana  commerciale portò le lettere da Urga a Lhassa. La risposta fu ricevuta tre mesi dopo. Il permesso per la spedizione di Roerich di entrare in Tibet e visitare Lhassa fu concesso. Però Roerich sapeva, che nella sacra città non ci si comportava sempre logicamente. Poco prima non era stato lasciato passare a Lhassa il viaggiatore russo Koslov che aveva un invito dato proprio dal Dalaï-Lama stesso.

Nel  mese di aprile del 1927 la spedizione abbandonò Urga e si diresse verso il fiume Tola. Giunse nel deserto del  Gobi con difficoltà, ma senza avventure.  Il Gobi era diverso dal Takla-Makan. Non soffocava così implacabilmente. La strada che attraversava il Gobi era quasi deserta. Durante il viaggio incontrarono solo alcuni cavalieri sospetti e una carovana cinese. Dopo aver passato l’Ansi, completarono la provvista di viveri e la spedizione si avviò verso il Zaidam. Vicino alla Sciaragola il campo di spedizione fu portato via dal torrente montano, andarono perse alcune collezioni e una parte degli averi.

In seguito avvennero molte cose, ma vi fu un evento che s’imprimesse maggiormente nella mente di Nikolaj Roerich. Un giorno nel campo apparve un cavaliere. “Il suo vestito di tessuto dorato e un copricapo giallo nuovo con le nappe rosse sono straordinari. Entra impetuosamente nella prima tenda, la più vicina. Risulta essere quella del dottore e comincia urgentamente a parlargli. Dice che è un amico, che sul valico Neidgi ci aspettano cinquanta cavalieri ostili. Consiglia di andare avanti con precauzione, mandando avanti le pattuglie. Esce rapidamente così come è entrato e s’allontana a galoppo senza dire il suo nome”15.

Il passaggio attraverso il  Zaidam cominciò  il 19 agosto del 1927. La spedizione  avanzava scegliendo l’itinerario breve, sconosciuto. Il Zaidam era coperto da paludi saline e si dovette camminare su una crosta di sale poco solida. Continuarono a marciare anche di notte. Non ci si poteva fermare. Solo al mattino seguente videro di nuovo le sabbie. In lontananza si vedevano delle montagne azzurre, al di là delle quali c’era il Tibet. La spedizione  entrò nel territorio della tribù dei golokhi, che non si sottomettevano nè al governatore cinese, nè a Lhassa. I golokhi apparvero sul primo passo. Il messaggero, vestito di un caftano dorato, aveva detto la verità. Alla spedizione fu tesa un’imboscata. La carovana si fermò e aspettò gli altri suoi componenti che erano ancora lontano. Furono mandati i parlamentari. Ma l’aspetto stesso della caravana armata raffreddò gli avversari ed i suoi cavalieri sparirono urlando nella nebbia mattutina. Venne  settembre e la spedizione incontrò il Tibet, con le sue tempeste di neve umida. La carovana salì sul passo di    Tang-la. Da lassù  si apriva la vista sull’altipiano Tibetano. Da un orizzonte all’altro i crinali erano coperti di neve, assomigliavano alle onde del mare che resta fermo per un momento. L’aria era secca e rarefatta. Quando la spedizione entrò nella valle Scendi, fu fermata da un distaccamento di soldati tibetani.

Erano costretti a piantare un accampamento non previsto. Il giorno seguente arrivò il capo del distaccamento. Contò i cammelli ed i cavalli, fece aprire  le casse in cui si trovava il bagaglio della spedizione. In seguito arrivò un funzionario altezzoso del governatore  di Nagciu. Interrogò Nikolaj Roerich e scrisse un rapporto per Lhassa. La spedizione non fu lasciata passare nè a Lhassa, nè a Nagciu. Furono tutti fermati e lasciati nelle tende estive sull’altipiano, che somigliava alla tundra polare. Le montagne declive et scoscese circondavano l’altipiano. Venne l’inverno. Nevicava, soffiava un vento forte e freddo e le tempeste di neve spazzavano le pietre ghiacciate. Nikolaj Roerich tentava di comunicare con Lhassa. I suoi messaggeri partivano, ma non tornavano più. Faceva molto freddisso, la temperatura scendeva fino a 60 gradi sotto lo zero. Nella farmacia portabile si gelò il cognac. Soffiavano venti di uragano. Un ufficiale osservava con attenzione per non ci fossero  contatti con le altre carovane che passavano. Vietò anche di comprare prodotti dalle tribù nomadi locali. Il legame con il mondo cessò.

Questo lungo arresto in Tibet della spedizione in Asia Centrale si prolungò per sei mesi disastrosi. L’altipiano Ciantang si trova all’altezza di 4-4,5 mila metri sopra il livello del mare. L’inverno così rigido a tali altitudini è malsano per l’uomo e gli animali. Morirono alcune persone, perirono gli animali della carovana, ma il nucleo di base della spedizione, malgrado tutto, sopravvisse in queste condizioni incredibilmente gravose. Molti anni dopo si sarebbe saputo chi aveva voluto la morte della spedizione  e chi non aveva voluto che  Roerich tornasse in India. I documenti trovati negli archivi indiani testimoniano contro le autorità coloniali dell’India, come pure contro l’esplorazione inglese.

Tuttavia Roerich ottenne una vittoria difficile, quasi impossibile, sulle forze della natura, sulla  cospirazione e sugli atti ostili della gente. La spedizione si liberò dalle braccia mortali dell’altopiano ghiacciato. Il suo sentiero passava in seguito attraverso la regione inesplorata dell’Himalaya. La spedizione in Asia Centrale fece ritorno in India, a Darjeeling, nel 1928. Alla fine dello stesso anno i Roerich si stabilirono nell’Himalaya Occidentale, nella valle di Kullu.

La spedizione in Asia Centrale può pretendere di diritto di essere  estremamente particolare tra le altre spedizioni dei secoli XIX e XX. Nessun’altra fra quelle conosciute ci ha dato una tale quantità di  materiale artistico di prim’ordine. I quadri dipinti dall’eminente pittore sia durante la spedizione in Asia Centrale, sia dopo di essa, non erano soltanto illustrazioni dell’itinerario, come sono di  solito le foto e gli schizzi eseguiti strada facendo. Le tele di Roerich completavano i dati raccolti dalla spedizione, anzi, ne costituivano una  parte  a se stante,  senza di cui questo materiale sarebbe stato incompleto e incompiuto. La mano che guidava il pennello non apparteneva unicamente al pittore, che si lasciava influenzare dal volo libero della fantasia e dall’ estro, ma anche allo scienziato, a cui piace l’esatezza. L’uno e l’altro si univano in un’unica persona. Il pittore trasmetteva un’informazione scientifica nei suoi quadri, mentre lo scienziato aveva  perspicacia artistica e intuito.

Parlando di una  di tali tele A.Okladnikov scrisse: “Il bozzetto archeologicamente preciso  (“La spada di Ghessero” –L.Sciaposh.), eseguito dal vero, permette di determinare la data della pittura rupestre che è servita da prototipo per esso. È la spada o il pugnale caratteristico dell’epoca delle tombe a piastre. Si incontrano abbastanza spesso  al di là del lago Baikal e in Mongolia,  sulle pietre vi è  l’immagine dell’arma più importante dell’antico guerriero della fine del II e della prima metà del I millennio a.c.”16.

Sulle tele di Roerich non troveremo tutti i dettagli  del cammino fatto, collocati in un sistema ben preciso. Piuttosto cogliamo determinati momenti storici e culturali o una specie di    “pietre miliari”, le quali  erano considerate da Nikolaj Roerich come momenti importanti per lui stesso e per gli altri. Queste pietre miliari o tappe fondamentali passavano da un quadro all’altro, formando una catena  ben costruita, ma enigmatica, di eventi, luoghi, persone, monumenti, soggetti delle leggende poco conosciute e delle parabole. Le montagne stesse dipinte dal pennello del Grande Maestro erano parte integrante di molte tele, come se fossero anche esse  delle pietre miliari.

Questo metodo strano e insolito di “pietre miliari”, che usava  Roerich così improvvisamente per marcare il Tempo e lo Spazio, è visibilmente presente nei suoi appunti di spedizione. È la ragione per la quale “Altai – Himalaya” e “Il Cuore dell’Asia” non sono simili  alle note degli altri viaggiatori. A prima vista sono frammentarie ed anche scompigliate. È la concezione dell’autore che esiste nel fondo stesso degli appunti e li unisce in un sistema. Per analizzare la concezione storica di Roerich divengono molto importanti alcuni dei suoi pareri, che determinano il suo modo di studiare il materiale storico e culturale. “Nessun museo , - scrisse Roerich in uno dei suoi diari di spedizione, - nessun libro vi daranno il diritto di raffigurare l’Asia e gli altri  paesi, se voi non li avete mai visti con i vostri stessi occhi, se non avete fatto schizzi e preso appunti come promemoria sul posto. La forza di persuasione  è una qualità magica dell’arte, inespiegabile a parole, non si crea che mediante la stratificazione delle vere impressioni che ci dà la realtà. Le montagne sono ovunque montagne, l’acqua è sempre acqua, il cielo è cielo in ogni luogo, la gente è gente dappertutto. Nondimeno se dipingerete l’Himalaya trovandovi nelle Alpi, qualcosa di indicibile e di persuasivo mancherà senz’altro”17.    “Le vere impressioni della realtà” erano alla base di tutta l’opera di Roerich. Lo portavano via dagli schemi tradizionali storici, dai pregiudizi che conservava la scienza per molti anni.  “Il nostro scopo, -scriveva, - è di studiare i fatti onestamente. Dobbiamo venerare la scienza come una vera conoscenza senza premesse, bigotteria, superstizione, ma con rispetto e  coraggio”18. Roerich riteneva giustamente che la via di negare i fatti e gli eventi esistenti fosse la più infruttuosa per la scienza e la considerava come  segno d’ignoranza. Una tale ignoranza scientifica impediva  abbastanza spesso  di fare una scoperta ed anche di stabilire i confini stessi della scienza. “ Tutto deve esser sentito ed accettato. Non importa come sarà vestito o che geroglifico avrà il frammento della conoscenza portata”19.

L’itinerario della spedizione in Asia Centrale attraversava le terre di culture antichissime dell’Asia. Ognuna rappresentava un grande campo di studi. Roerich non   approfondiva le ricerche di particolarità caratteristiche di una cultura separata, ma cercava ciò che univa molte culture nel Tempo e nello Spazio. Cercava il generale e non il particolare, l’affinità dei tratti e non la distinzione. Era interessato ai problemi inerenti le vie dell’interazione culturale fra vari popoli, alla continuità del formarsi per strati delle culture tradizionali e anche alla ricerca delle fonti antichissime che crearono delle grandi comunanze culturali. In altre parole, Roerich portava avanti i suoi  studi nel vasto ambito dei lunghi e complicati processi che avevano creato la comunanza storica e culturale dell’umanità stessa. “Le pietre miliari”, che lui mise nei suoi quadri e appunti di spedizione, erano le tappe fondamentali di questi processi.

“Ponendo le pietre miliari” segnò così gli elementi imperituri nella tradizione  culturale dei popoli in cui si imbatté durante la spedizione. Queste “pietre miliari” non hanno perso la loro importanza anche oggi, così come le antiche fortezze ed i conventi, i santuari  e le leggende, le prime feste rurali ed il culto del sole, - tutto ciò non è sparito, esiste ancora oggi, è di grande importanza anche oggigiorno.

Nella concezione storica di Roerich, secondo cui il metodo  di “porre le pietre miliari” aveva un ruolo principale, rivestiva una grande importanza anche il rapporto fra categorie temporali come il passato, il presente e il futuro. Operando nell’ambito dell’umanità  che è eterna e allo stesso tempo transitoria nel corso del suo processo storico e culturale, queste categorie servivano a Roerich come Stella Polare nella sua lunga navigazione nell’oceano agitato della storia umana. “Raccogliete le pietre antiche e meravigliose e fatene gli scalini dell’avvenire!”20 - scrisse in una delle sue opere. E ancora: “Eppure il passato e il futuro non si escludono l’uno l’altro, anzi, si rinforzano reciprocamente. Come non apprezzare e non ammirare le realizzazioni delle culture antiche! Le pietre meravigliose hanno conservato un geroglifico ispirato, utilizzabile sempre, così come la verità può essere sempre adottata”21. Nei suoi appunti di spedizione notò: “...ciò che è successo ieri “come per caso”, oggi si mette in linea con il movimento evolutivo. Invece, ciò che è importante oggi si mostra spesso una semplice evenienza casuale”22.

Tutti questi pareri confermano che per  Roerich l’elemento imperituro, o più precisamente di lunga durata, che partecipa allo sviluppo della cultura dell’umanità, ha un’importanza particolare. Ciò dà anche prova del suo alto livello scientifico come storico. Tra molti altri livelli, da cui si può studiare la storia dell’umanità, Roerich  ha scelto quello dell’evoluzione storica e culturale. Ogni livello di osservazione ha i suoi vantaggi. L’abbassamento del livello restringe il campo dell’osservazione, ma permette di vedere i dettagli concreti ed i processi limitati nel tempo. Dall’astronave l’astronauta non vede né le case isolate, né gli alberi sulla superficie della Terra, però può osservare la nascita di un tifone disastroso che è invisibile dalla Terra. Una simile osservazione cosmica non è accessibile a tutti. Ci vuole un particolare ingegno da parte dello scienziato stesso, che Roerich aveva. Riusciva ad avere un elevato livello di osservazione, anche se scendeva nell’ambito della storia concreta contemporanea. Percepiva molto bene il tempo storico, vedeva gli eventi ritmici che riunivano il passato, il presente e il futuro. Sapeva trovare in questo flusso di tempo ciò che era idoneo all’evoluzione ulteriore e che rappresentava “le pietre meravigliose” della cultura umana. Aspirando sempre verso l’avvenire e cercando di fissare come dovrebbero essere i sensi principali della salute spirituale dell’umanità nel corso dell’evoluzione, è logico che Roerich misurasse il passato mediante il futuro. Questo criterio, che per lui era di carattere concettuale, era presente anche nelle sue tappe fondamentali. “Si può conoscere il passato, ma la coscienza deve esser concentrata sull’avvenire”23, - scrisse.    E ancora: “...quando invitiamo a studiare il passato, facciamolo per il futuro”24. Proprio su questo avvenire brillava quel “geroglifico ispirato”, con il quale lui segnava le pietre delle culture antiche e delle realizzazioni culturali, mettendo le sue pietre miliari.

“Il geroglifico ispirato” dell’avvenire determinò anche l’itinerario della spedizione in Asia Centrale. L’India, la Cina, la Siberia sovietica, la Mongolia, il Tibet... Erano paesi che avevano diversi livelli di sviluppo, diverse condizioni sociali ed economiche, diversi contesti storici e culturali. L’itinerario della spedizione in Asia Centrale era come se li unisse in un unico insieme. “Il geroglifico ispirato” diventò una specie di marchio di qualità, messo sulle pietre delle culture antiche, a conferma della loro idoneità come “scalini dell’avvenire”. I dati raccolti dalla spedizione sul territorio di tutti questi paesi furono considerati da Roerich-scienziato dal punto di vista storico e filosofico. Questo fatto determinò l’unicità della spedizione in Asia Centrale.

Come scienziato e pittore Roerich si interessava in particolare al problema inerente la fonte unica delle culture antiche dell’India e della Russia. Cercava questa fonte, di cui trovò molte tracce. Questa circostanza a sua volta gli diede la possibilità di esaminare su vasta scala i problemi di comunanza culturale di certi popoli. “Gli stupa giganteschi del buddismo (monumenti funebri circondati da un recinto) sono gli stessi tumuli di tutti i secoli e popoli. I tumuli di Upsala in Svezia,  quelli russi di Vokhov sulla strada verso Novgorod,  i tumuli degli  sciti, circondati di  pietre nelle steppe, ci parlano delle leggende delle stesse cremazioni solenni che furono descritte con maestria dall’ospite arabo Ibn-Fadlan”25. Esaminando le rovine dei templi antichi dell’induismo in Kashmir, Roerich vide le tracce distinte dello stile romano legato alle tarde tribù nomadi degli alani. Sugli abiti multicolori delle donne del Ladak notò come la mantellina ricamata di seta rassomigliasse a quella bizantina ed i copricapi alti ricordassero i colbacchi dei boiari russi. I fermagli metallici del Ladak fissati alla spalla destra ripetevano le fibbie della Scandinavia. Ai mercati di Kashgar il Roerich  vide i bauli del primo Rinascimento e nelle steppe di Giungaria ritrovò elementi  dell’antichità russa. Fu colpito del vestito dei cavalieri kirghisi. “I kirghisi galoppano su cavalli bianchi. Sulle teste portano gli scisciaki variopinti, imbottiti esattamente come  i kuaki  dei guerrieri russi antichi. Sul cocuzzolo c’è un fascio di penne di gufo. Sulle braccia a volte vi è un  falco con un cappelletto sugli occhi. Risultò essere un gruppo che ci si incontrava come nel XII, sia nel XVsecolo.”26. Il Medioevo russo si mischia nelle steppe di Giungaria all’antichità scita. Roerich  trasse così la conclusione che nelle culture di vari popoli esistono più somiglianze che distinzioni. “ Ed il nostro ottimismo, - scrisse lui in merito, - non è un semplice sogno lontano, ma è il risultato degli studi di una dozzina di paesi e dei modi più ampi di vedere i vari popoli, la cui psicologia è completamente diversa. In fin dei conti, malgrado tutte le disparità tra i popoli, l’umanità è unica e moltiplice.”27.

Questa affinità non univa solo i paesi dell’Asia, ma anche i vari continenti: l’Asia e l’Europa, l’Asia e l’America. Interpretando in tal modo le vie dell’evoluzione  degli elementi imperituri della cultura, Roerich non lasciò posto né all’eurocentrismo, nè all’opposizione  secolare  fra Occidente e Oriente. Pose la sua “pietra miliare” sul mondo dinamico dei primi nomadi, i quali intrecciarono le sorti dell’Est e dell’Ovest e favorirono la loro interazione culturale più attiva. Questo mondo comincò a formarsi a cavallo fra il I e il II millenio a.c.  Roerich trovò le tracce dei primi nomadi nell’Himalaya, nel deserto del Gobi, nelle steppe della Giungaria, nell’Altai. Conosceva i risultati degli scavi nelle steppe russe del Sud, in Siberia e Mongolia. Molti scienziati di quell’epoca consideravano i nomadi come tribù retrive, che avevano influito negativamente sul corso della storia mondiale. Contrariamente a questo punto di vista, Roerich rilevò il loro ruolo importantissimo svolto da queste tribù nella storia. La cooperazione culturale dei primi nomadi con i popoli stanziali assumeva forme contraddittorie, tuttavia diede un impulso creativo fortissimo, che fu causa dello sviluppo di nuove qualità in entrambe le culture, di forme insolite d’arte come lo “stile animale”, che diventò noto ovunque.

Mettendo in risalto il dinamismo storico come uno dei fattori sempiterni e di lunga durata nella storia della pianeta, Nikolaj Roerich cercava la conferma di ciò nei primissimi periodi della  storia. Era la ragione per cui era sempre attratto dalle migrazioni antiche dei popoli e le considerava come il fattore di una larga cooperazione culturale. Proprio su queste migrazioni pose la sua “pietra miliare” susseguente. Tombe, antiche iscrizioni sulla pietra, megaliti misteriosi,  - tutto questo rappresentava tracce precise nell’antichità. Becchi di montagna, arcieri, figurine che ballavano erano stati scolpiti sulle roccie dell’Altai, Mongolia, Ladak e Turkestan cinese. Roerich “allungò” il filo che collega queste pitture rupestri fino alla Scandinavia, all’Ungheria e persino fino all’America. Alcune di queste iscrizioni sulla pietra furono attribuite al periodo neolitico. Il tempo dimostrò che aveva avuto ragione.

La spedizione scoprì in Tibet dei monumenti megalitici sconosciuti. Ripetevano la forma e l’aspetto dei megaliti in Francia e in Inghilterra. Le antiche strade dei popoli univano l’Est e l’Ovest, l’Asia e l’Europa con l’America.

“Il geroglifico ispirato” delle tappe fondamentali di Roerich non fu posto solo sui monumenti della cultura materiale. Furono studiati anche il folclore ed il patrimonio spirituale dei popoli. Nella ricchissima  eredità folcloristica dell’Asia, Roerich pose l’attenzione  sulle leggende in cui erano manifestate le aspirazioni morali dei popoli per la giustizia, per un

 avvenire migliore e  il trionfo del bene sul male. Questi soggetti folcloristici erano presenti in ogni epoca.Nikolaj Roerich arricchì le nostre conoscenze del folclore asiatico con le leggende popolare su Maitreia, il Buddha futuro, liberatore di tutti gli oppressi e gli umiliati, come pure con le nuove versioni delle favole su Ghessar-Khan e infine con una serie di leggende su Shamballa o Belovodie, il luogo recondito, in cui la vita è organizzata in un modo giusto e saggio: lì abitano i Maestri del Bene, portatori di conoscenza, così necessaria per migliorare il futuro dei popoli.

L’esperienza collettiva morale ed estetica di un popolo, che sta nel suo folclore e nelle sue tradizioni culturali, era secondo Roerich una  delle  importanti forze motrici per l’evoluzione storica e culturale dell’umanità. Di conseguenza per questa esperienza ci voleva comprensione scientifica, bisognava dar prova della realtà che stava dietro alle immagini colorite e a volte fantastiche dei miti, delle favole e  delle leggende. “Così, molte cose dimenticate devono essere riscoperte e interpretate benevolmente usando la lingua della contemporaneità”28, - scrisse in uno dei suoi articoli. Penetrando nella tradizione  culturale di vari popoli, comprendendola dal punto di vista dell’ avvenire, Roerich rilevò l’interazione con i momenti sociali e politici dell’Asia contemporanea. Fu uno dei primi a rilevare l’influenza di questa tradizione culturale sul movimento di liberazione di paesi come Mongolia, Cina, India. Prestò attenzione alle forme tradizionali di questo movimento, all’intreccio delle tradizioni culturali del passato e degli obiettivi sociali e politici di quell’epoca. È impossibile sopravvalutare la “pietra miliare” legata alla cultura tradizionale.

Sulle sue tele, negli articoli e diari ci presentò una moltitudine di pensatori brillanti, grandi maestri spirituali, la cui attività aveva inciso molto sul corso dell’evoluzione culturale e storica dell’umanità.

Molte “pietre miliari” culturali e storiche, messe da Roerich durante e dopo la spedizione in Asia Centrale, erano come tali delle scoperte. Ognuna di esse portava e oggi porta in sè  grandi possibilità per ricerche scientifiche profonde, legate allo studio del Tempo, dello Spazio e dell’Uomo. Il metodo dialettico che usava il Roerich-storico, le sue aspirazioni progressive, ci permettono di considerarlo come uno dei grandi pensatori e scienziati del XX secolo. Indicò una serie di indirizzi importanti per la scienza storica, i quali furono sviluppati di conseguenza. Nel determinare questi orientamenti un ruolo particolare è da attribuirsi al suo dono di previsione scientifica e alla sua intuizione precisa, come pure alla concezione maturata nel corso di tutta la  vita basata sulla comprensione profonda della realtà futura e radiosa del pianeta.

La descrizione della spedizione in Asia Centrale  non sarebbe completa senza menzionare ancora una “pietra miliare”, che non era meno importante di quelle precedenti. Ci si trova di fronte a questa particolarità subito, appena ci si mette in cammino ripetendo l’itinerario della spedizione. Si incontra la Bellezza. Tutta la strada era bella. La bellezza abitava nelle roccie, nella neve scintillante di montagna, nelle foglie arabescate, nell’azzurro dei torrenti montani,  nella trasparenza dell’aria cristallina, la Bellezza che viveva nelle sabbie mobili, nelle nebbie perlacee e nel carattere variopinto dei prati montani, così come nelle persone, nel loro aspetto e comportamento.

Questa unione con la Bellezza e l’importanza storica dei luoghi attraverso cui passava la spedizione, colpiva, faceva riflettere, pensare al ruolo dei legami esistenti tra la natura del pianeta e la storia dell’umanità che abitava su questo pianeta. Noi non abbiamo ancora preso coscienza di questi legami fino in fondo. Però non c’è nessun dubbio che esistono, agiscono di concerto ed influiscono l’uno sull’altro.

I diari di spedizione di Roerich non sono semplice letteratura scientifica, ma una fonte storica importantissima. Roerich osservava, studiava il materiale strada facendo, ma non solo questo, non mi sbaglierò dicendo che  partecipava direttamente al processo storico stesso e alla sua formazione sull’itinerario della spedizione in Asia Centrale. La scienza storica conosce i soggetti della storia ed i suoi oggetti. I soggetti creano la storia.  Roerich, essendo storico, era lui stesso un tale creatore. Questo aspetto poco noto e non compreso ancora scientificamente della sua attività non era legato esclusivamente alla sua opinione storica e alla  filosofia che elaborò durante la vita, ma ai Maestri dalle conoscenze supreme e dalla coscienza espansa. Il Guru guidava i Roerich durante la spedizione in Asia Centrale, perché oltre agli scopi scientifici la spedizione aveva un obiettivo importantissimo di evoluzione e doveva realizzarlo. Fino ad oggi questa parte della loro attività era messa a tacere per ragioni ben conosciute. “Andando incontro all’andazzo quotidiano, all’inurbanità, - scriveva  Roerich in uno dei suoi diari di spedizione, - faticando parecchio e trovandovi in grossi pasticci in Asia, voi non dovete mettere in dubbio il fatto che davanti alla vostra porta c’è sempre qualcuno che può essere pronto a bussare per trasmettervi il più grande messaggio. Due torrenti di vita sono sopratutto distinguibili in Asia, quindi che il volto della quotidianità non vi deluda. Potete essere remunerati facilmente dall’appello della grande verità, che vi rapirà per sempre”29. Quest’appello della grande verità fu determinato da Nikolaj Roerich anche in un altro modo: “...storici a parte si scrive un’altra storia del mondo”30. In altre parole, riteneva, può darsi non senza ragione, che sul nostro pianeta ci fosse una storia esteriore, ben visibile a occhio nudo e di facile comprensione per i testimoni degli eventi, ma che esistesse anche un’altra storia, quella interiore, “oltre gli storici”, invisibile e incomprensibile ad una persona ordinaria e inconsapevole.

Un vero studio storico deve includere la storia esteriore e quella interiore, come pure il problema della loro interazione. La storia come scienza tradizionale non si occupava che delle sue manifestazioni esterne. Roerich fu il primo ad elaborare un modo nuovo di trattare la storia. In linea di massima le sue opere completate poco prima, durante e dopo la spedizione in Asia Centrale erano dedicate proprio alla storia “oltre gli storici”.

L’attività di evoluzione dei Maestri era alla base di questa storia interiore, le cui manifestazioni stavano fuori dalla scienza. Era confermata da una serie di leggende e miti raccolti da Roerich durante la spedizione in Asia Centrale: leggende sui saggi, sulla pietra miracolosa e sul paese di Shamballa o di Belovodie, in cui abitavano questi saggi, che conoscevano i segreti della natura e le leggi del Cosmo. Proprio questa tendenza si manifestò nella sua opera artistica in India e durante la spedizione. Troviamo in essa la nuova base spirituale di un’altra realtà storica. Studiando il ricchissimo folclore dell’Asia Centrale Nikolaj Roerich tendeva a scoprire la realtà che stava dietro le leggende ed i miti. Raffigurandola sulle tele, creava un nuovo “Paese di Roerich”, enigmatico e misterioso, coperto da una tenda colorata di leggende e miti, ma allo stesso tempo interamente reale e apprendibile. Cominciò a dipingere questi quadri a Darjeeling nel 1924 e continuò a farlo per tutta la vita. Era il mondo del Mistero e della Bellezza, il mondo delle montagne giganti e nevose che sovrastano la terra.   Le nuvole e le nebbie perlacee spaziavano per le rocce monolitiche e le loro fratture, cambiavano i loro lineamenti e davano ad esse una fragilità strana ed incomprensibile. Il sole portava con sé i colori del tramonto e si accendevano ora di porpora, ora di oro, i suoi raggi mandavano segnali a qualcuno ignoto con raggi verdi illusori, divampavano in una gamma di sfumature che appartenevano ad un altro mondo, brillavano della fiamma fredda delle favolose aurore boreali. Di notte si accendevano stelle sfavillanti e pungenti; la loro luce abbracciava la neve ed i loro atomi di polvere scintillavano nell’oscurità notturna. Le costellazioni cambiavano i loro lineamenti e nel cielo apparivano degli arabeschi enigmatici e strani. Il mondo delle montagne era maestoso e cosmico. Pareva che le sue cime perse nel cielo passassero oltre i limiti del pianeta  e facessero parte di quell’ignoto che si chiama “ il cosmo”. Là, in qualche luogo nascosto dietro quelle cime nevose, si trovava il paese recondito che si chiamava “Shambala”. Di là avevano fretta i cavalieri vestiti all’antica. I lama passavano messaggi l’uno all’altro. Gli arcieri tiravano le freccie con i loro ordini, scritti su rotoli giallastri di pergamena. “Il canto di Shambala”, “Il messaggio di Shambala”, “La lettera da Shambala”. Le vergini dai capelli lunghi, che assomigliavano ad amazzoni, proteggevano le frontiere recondite.

Davanti all’entrata segreta un guardiano con una spada a due tagli stava avvolto in una fiamma rossa e fredda. “Il custode dell’ingresso”. Una donna vestita di un abito  bianco lungo usciva “Dall’oltre” e attraversava con cautela, temendo di inciampare, un ponte stretto gettato su di un corrente che separava la frontiera recondita dal mondo umano. Nel fondo della caverna c’erano delle figure, illuminate dalla luce misteriosa di  cristalli immensi e lampeggianti. Uno di loro portava una coppa in cui ardeva la fiamma d’oro. “Il tesoro delle montagne”. La figura di una persona appariva come dalle rocce, scintillante di colori blu e lilla, avvolta in un’aura di luce ampia. Il quadro si chiamava “Fiat Rex!” ( E sia il Re!) Da quale regno viene questo re? Può darsi sempre dallo stesso Regno Recondito.

“La Reggente del Mondo” sta davanti alle montagne nevose e il cerchio d’oro della sua corona brilla al sole.  Nelle mani ha il cofanetto ben noto a noi. Lo portava sulla schiena un cavallo bianco favoloso sulla tela “Chintamani”, che apparteneva alla serie di quadri eseguiti in Sikkim, “Il Suo paese”. Lo teneva nelle mani colui che procedeva innanzi al gruppo di figure misteriose che apparivano nel buio scendendo dal versante roccioso dell’Everest, “Oscurità ardente”. Una cosa si collega ad un altra, tutto si unisce nell’Uno. In queste opere artistiche misteriose si mescolano le leggende e la Vera Realtà, i limiti tra esse sono invisibili.

“Da quel momento, - scriveva Roerich, - in molti posti vedemmo la verità fiabesca. Nell’Asia Media, in Tibet, nell’Himalaya si incontravano le porte dei regni delle fiabe. Si innalzavano giganti non costruiti da mani, severi e affabili, pieni di dignità che nello stesso tempo rivolgevano appelli. Le fiabe erano composte da un pellegrino che camminava molto e vedeva molto. Una volta la carovana  stava attraversando il Gobi e il Zaidam, quando si stupì vedendo Ergoro, il crinale coperto di una neve bianca. La leggenda proviene dalla realtà manifesta. I carovanieri avvertirono: “Non andate oltre!” È possibile che avertissero del regno recondito “31. E ancora: “ La verità reale è rammentare senza invenzioni scaltre, mediante il colore e il suono, ciò  che esiste” 32. Le parole veramente esatte “mediante il colore e il suono” testimoniano  quanto fossero poliedrici e profondi gli studi che eseguiva  Nikolaj Roerich nei riguardi dello spazio che si trovava al di là della storia ufficiale.

Questi studi radunati insieme presentavano un quadro insolito delle azioni di qualcuno, da cui dipendeva il destino della spedizione. Sembrava che vicino all’itinerario ci fosse un sentiero segreto su cui avevano luogo questi atti. Proprio su quel sentiero apparivano delle persone strane e sconosciute, inclusa quella  dal vestito straordinario di tessuto dorato che avvertì i Roerich dell’attacco che si stava preparando. Comunicavano notizie misteriose; compivano atti inaspettati. Fra di loro c’erano lama, narratori e  semplici pellegrini. Su ogni tappa dell’itinerario, in ogni paese o regione succedeva qualcosa, che doveva essere decifrato e compreso in seguito. Nei diari ci sono molti fatti di questo genere. Radunandoli insieme si può ricavare un quadro originale della storia interiore della spedizione stessa in Asia Centrale, che è così diversa dalla storia esteriore. Più avanti ci sono degli esempi presi dai diari di spedizione di Nikolaj Roerich.

Ecco un frammento della lettera di Roerich al suo segretario V.Shibaev (Kashmir): “La sollecitudine è tutt’altro che straordinaria. Anche i cavalli sono stati indicati per la marcia (qui è molto difficile trovare dei buoni e robusti cavalli). È già stata preparata la casa a Lekh (o come è più giusto, Le)”33. “ Attraverso Si-Sciagne brilla Venere. Anche Loro l’ammirano nell’Himalaya, lo sappiamo benissimo. Sappiamo da dove, attraverso quale vallata e al di sopra di quali cime nevose Loro guardono al vespertino. Ammiriamo la stella, ma sentiamo il rumore dei deodari, tutte le voci nottetempo ed i suoni di montagna.  Quanti appelli e quante conoscenze sono attratti da una stella. “Le pietre miliari” di cielo fanno tendere l’orecchio e uniscono i cuori. Le stesse stelle, gli stessi cenni celesti colmano i cuori di benevolenza, fuori dallo spazio e dal tempo”34.  Kashgar-Kucia: “Oggi sono state prese  decisioni molto importanti, c’è un messaggio”35. Mongolia, Urga : “Ci sono tante commozioni e tanti aspetti. Però non rimandiamo la partenza. E.I., tesa, si sta appoggiando allo stipite superiore della porta e dice: “Sto aspettando il permesso da colui che permette tutto”. Ecco il telegramma” 36.  Mongolia: “Fra le pioggie e il temporale arrivano i più inattesi messaggi. Una tale saturazione dello spazio è stupefacente. Abbiamo anche l’informazione che quarant’anni fa il Maestro passò di qui <...> Il ventiuno luglio sono state ricevute indicazioni di un’importanza eccezionale.  Si avvicinano conseguenze di difficile esecuzione, ma si avvicinano comunque. Nessuno nella carovana sa, neanche sospetta, il programma immediato. Il giorno seguente di nuovo arrivano notizie importanti e nuovamente i compagni di viaggio non sanno niente. Riscontrate questi numeri con i vostri avvenimenti <...> Alla fine di luglio. “ Comincio la battaglia con gioia”. Lapis Exillis  è una pietra che erra. Ieri un evento  tenebroso  è stata profetizzato dai buriati. “Mando i migliori fluidi per prendere fortunatamente la decisione”. Riteniamo di metterci in cammino il diciannove agosto, attraversando lo Zaidam verso il Tibet. Arrischiamo di passare lo Zaidam seguendo una via nuova. Verso sera, il 28 agosto arrivò galoppando Tch. (V.Kadascevsky  - L.Sciaposh.) con la spada e l’anello”37. Già in Tibet: “...la spedizione si trovava in una condizione  disperata. Non si poteva aspettare che qualcosa di straordinario. Nel momento  più critico arrivò la notizia che permise di decidere tutto “38.

Le citazioni sopra si riferiscono ad un momento molto importante della spedizione in Asia Centrale. Ci ricordano Coloro con cui ebbe luogo l’incontro memorabile vicino a Darjeeling nel 1923. “Può darsi mi domanderete, - scrisse Roerich, - perchè parlando di Shambala  menziono i Grandi Mahatma. La vostra domanda può avere fondamento, perchè finora nella letteratura queste grandi nozioni erano sempre isolate per mancanza d’informazione. Però, conoscendo la letteratura sui Grandi Mahatma e studiando tutto ciò che si sa su Shambala nei luoghi visitati  durante il nostro viaggio, era molto istruttivo vedere i segni che univano queste nozioni e in fin dei conti comprendere la loro affinità reali”39. Roerich non aveva nessun dubbio che esistesse il contatto tra le Grandi Anime reali ed il Luogo Recondito. Ancora una citazione dal diario di spedizione: “Che strano! Che meraviglia! Passiamo per gli stessi luoghi in cui vi furono i Mahatma. Qui fondarono una scuola. A distanza  di due giorni di viaggio da Sag-Zong vi fu uno degli Ashram, poco lontano dal Bramaputra. Qui sostò il Mahatma, che si affrettava verso una questione urgentissima. Una modesta tenda blu fu piantata qui. Mentre in Europa ci si interroga sull’esistenza dei Mahatma, mentre gli indiani tacciono ostinatamente su di Loro, quante persone in Asia Li conoscono, Li hanno visti, anzi, conoscono molti casi reali relativi alle loro questioni e apparizioni. Aspettati da sempre, i Mahatma conducevano inaspettatamente una grande ed insolita vita nelle spaziosità dell’Asia. Nel momento del bisogno, Essi si manifestavano. Se era necessario, passavano impercettibilmente come dei pellegrini consueti. Non scrivono i Loro Nomi sulle roccie, però  coloro che sanno, Li serbano nel  cuore e questa memoria è più forte delle roccie. Perchè supporre una favola, un’immaginazione, un’invenzione, se le conoscenze sui Mahatma esistono in forma reale?.

In fretta, solo curiosando – non condurrete neanche un semplice esperimento chimico. Coloro che nel vaniloquio toccano l’ argomento inerente ai Mahatma, è possibile che abbiano qualche progresso nella loro opera interiore? La loro curiosità sciocca sarà soddisfatta? Quante persone vorebbero ricevere una lettera dai Mahatma, ma se cambierebbero la loro vita ? Sarebbe  un momento di sorpresa e di confusione, ma poi tutto ritornerebbe indietro, riprenderebbero le vecchie consuetudini, senza nessuna traccia.

Ci si meraviglia spesso, perchè le persone che conoscono i Mahatma sono così diverse per  stato sociale. Ma perchè  Boeme era calzolaio? Come mai la coscienza si misura a seconda delle differenze esteriori? Le faccende dei Mahatma e le loro commissioni date ai discepoli sono state presentate in opere letterarie. Non sono così poche, come sembra a quelli che non le conoscono. Questi fatti si riferiscono sia  alla coscienza interiore che agli avvenimenti esteriori di importanza mondiale. Anzi, si manifestano, quando è necessario.

Le conversazioni sui Mahatma sono chiamate spesso pregiudizi dagli scienziati. Sono gli scienziati che non li hanno visti. Però Kruks o  Oliver Loge non diranno mai così. Vivekananda, che difendeva sempre la razionalità delle osservazioni scientifiche, conosce i Mahatma <…> Parlano delle basi scientifiche dell’essere. Danno indicazioni su come potersi impossessare delle energie. Dicono che ci sono tali vittorie sulla fatica  che trasformeranno la vita in una festa. Tutto ciò che è proposto da Loro non è illusorio, non è effimero, ma reale  e tocca  l’indagine delle possibilità che ci propone la vita in tutto il suo complesso. Senza superstizioni. È possibile che i discepoli dei Mahatma siano fanatici e settari? Sono persone che dimostrano un interesse particolare per la vita, vincendo in vita e ritirandosi solo per poco dal mondo in una montagna lontana, per bagnarsi nelle emanazioni del prana. Nei più oscuri luoghi del Tibet si sa dei Mahatma. Si sa di molti ricordi e leggende “40. Ancora una citazione presa da un altro diario di spedizione: “Dopo aver passato questi monti straordinari del Tibet, con le loro onde magnetiche ed i loro effetti miracolosi di luce, dopo aver ascoltato i testimoni ed essendo stati testimoni voi stessi, - sapete che i Mahatma esistono”41.

Il luogo recondito, come afferma Nikolaj Roerich , aveva una posizione geografica esatta. “Certe indicazioni,- notava, - nascoste dai simboli, indicavano il sito di Shambala nel Pamir, in Turkestan e nel Gobi”. Questi luoghi erano menzionati perchè vicino a Shambala la gente viveva in capanne e si occupava dell’allevamento di bestiame. “... Tuttavia non dimentichiamo, - continuava  Roerich, che anche i kirghisi della montagna di Kunlugne abitano  in capanne e si occupano dell’allevamento di bestiame”42.

Il Kunlugne era menzionato da Roerich più di una volta in relazione a quei luoghi di orientamento che si riferivano al Paese Recondito. Questo crinale figurava anche nelle leggende degli uomini di antica fede che parlavano di pellegrinaggio alla ricerca di Belovodie. Questo itinerario decifrato geograficamente da Roerich faceva parte di quello della spedizione in Asia Centrale.

“Le indicazioni geografiche del luogo, - leggiamo nel diario di Nikolaj Roerich “Il Cuore dell’Asia”, - sono falsate o pronunciate erroneamente con intenzione. Tuttavia anche in questa pronuncia  scorretta si può discernere una vera direzione geografica e questa direzione, non meravigliatevi, vi riporterà all’Himalaya”43. Ma l’Himalaya è una grande regione simile ad  un labirinto. Nikolaj Roerich aveva i suoi particolari punti di orientamento e anch’essi coincidevano con l’itinerario della spedizione.

Su questo itinerario Roerich insieme alla moglie Elena doveva portare a termine  un’operazione storica. Fu un caso rarissimo. Cose simili si manifestano una volta sola nel corso di qualche secolo. Si tratta della posa dei magneti. Secondo la concezione storica dell’Etica Vivente ogni processo non  inizia con l’azione dell’inferiore, ma con l’atto creativo del Supremo,  ragione per cui ha carattere cosmico. In questo caso i magneti devono essere posati nei luoghi di formazione e di sviluppo di culture nuove.  I Roerich si basavano sul fatto che la cultura stessa non si sviluppa da sola , ma riceve un impulso, iniziato da  un’entità energetica superiore,  dalla ragione del mondo supremo. Un’elevata entità energetica cosmica ha un suo ritmo, che deve esistere in un magnete o in un corpo spaziale fisso, il cui contatto porta nello spazio quel tale ritmo che condiziona  la formazione di un nuovo tipo di cultura. Portavano con sé il magnete o  “Il Tesoro degli Angeli”, in realtà era la scheggia, già menzionata sopra, di un’entità energetica cosmica elevata. Questo atto storico o più precisamente evolutivo era il più importante sull’itinerario della spedizione in Asia Centrale. Verificando con attenzione  questa via , si possono supporre i luoghi della posa del magnete. Senza nessun dubbio questa posa dei magneti si riferiva alla storia interiore del pianeta o, come si chiamava anche, “la storia oltre gli storici”. Basandosi sulla concezione energetica del mondo e sul nuovo sistema di conoscenza della mentalità cosmica, i creatori dell’Etica Vivente intervennero in qualità di storici del più alto livello.  Roerich era un loro discepolo e collaboratore, perciò tutta la sua attività creativa, inclusa quella scientifica, era pervasa di idee del Cosmo reale o dell’Etica Vivente. Fino ad oggi, purtroppo, questo fatto viene passato sotto silenzio. Ciò deforma le idee di Roerich e le opinioni su Roerich  come  eminente storico  del nostro pianeta, anzi, rallenta moltissimo lo sviluppo ulteriore della scienza storica, in cui le tendenze interiori ed esteriori devono unirsi in una sintesi.

Proprio questa sintesi formerà delle vie nuove, ancora sconosciute oggi, per poter prendere coscienza del processo storico stesso. In relazione a ciò è difficile sopravalutare i meriti di Nikolaj Roerich.

                                                                           

Capitolo del libro                                                                               

“Scienziato, pensatore, artista”, Mosca, 

Сentro Internazionale dei Roerich, 2006   


 

 

1 Cit. Shaposhnikova L.    Dall’Altai all’Himalaya.  M, 1998. Pag. 12-13

2 Idem Pag. 13

3 N.Roerich L’Altai -  l’Himalaya. M.,1974, pag.74

4  I masari sono i sepolcri dei santi musulmani

5 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya pag.15

6 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya , pag.15

7 Idem

8 Idem

9 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya,  pag.16

10 Idem

11  staroobriadcestvo è il corrente di settarismo religioso dell’XVIII secolo (nota del traduttore)

12 Belovodie significa letteralmente “le acque bianche” (nota del traduttore)

13 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya pag.17

14 Idem

15 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya pag.18

16 Okladnikov A.P. N.K.Roerich e la sua spedizione //Roerich N.K. Altai – Himalaya, M.1974 pag.283

17 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya, pag.21

18 Idem

19 Idem

20 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya, pag.24

21 Idem

22 Idem

23 Idem

24 Idem

25 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya, pag.25

26 Idem

27 Idem

28 Cit. Sciaposhnikova  L.  Dall’Altai fino all’Himalaya, pag.26

29 Roerich N.K. Il Cuore dell’Asia, Sousbhury 1929, pag.118

30 Roerich N.K. Altai - l’Himalaya, M.1974, pag.244

31 Roerich N.K  Accendete i cuori, pag.191

32 Idem, pag. 192

33 La lettera di N.Roerich a V.Scibaev del 27.07.25/La sezione delle scritture del CIR  F.1, Op.1

34 Roerich N. I Fogli del diario, Vol 1, pag.204

35 Roerich N.K.  Altai – l’Himalaya, 1974, pag.169

36 Idem, pag.249

37  Roerich N.K.  Altai – l’Himalaya, 1974, pag.254

38  Roerich N. I Fogli del diario,  in 3 vol., M 2002, Vol 3, pag.92

39  Roerich N. Il Cuore dell’Asia, pag.90

40 Roerich N. Altai – Himalaya, Riga 1992, pag.317-318

41 Roerich Nicolo “Il Cuore dell’Asia”, pag.122

42 Idem, pag.129

43 Idem, pag.110

 


 


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